Stamattina, dopo aver riflettuto a lungo sul perché Tarzan non abbia la barba, mi sono chiesto un’altra domanda di vitale importanza: che cos’è l’arte? Ma, a differenza della questione barba-Tarzan, credo che cercare una definizione definitiva di cosa sia l’arte sia una perdita di tempo puerile: trattandosi di un’invenzione umana sia la definizione di arte che l’arte stessa, qualsiasi definizione risulta condizionata da due variabili: tempo e spazio. Comunque, se siete curiosi, avevo posto questa domanda allo scultore e docente Davide Dormino, la sua risposta la potete leggere cliccando qui.
Di sicuro, come suggerisce l’artista Ian Danskin, non bisogna essere un critico per apprezzare un’opera d’arte: è necessario essere un botanico per parlare in modo esatto dell’aspetto morfologico e fisiologico del cetriolo, ma non occorre esserlo per conoscere il sapore del cetriolo (e parlarne in termini non biologici).
Non desidero diventare famosa, desidero diventare una donna felice
Se ci focalizziamo sull'arte moderna/contemporanea, la questione assume anche tratti umoristici. In una scena del film Il mistero di Bellavista, Saverio e Salvatore discutono sull'effettivo valore artistico delle opere osservate in una mostra d’arte a Villa Pignatelli (Napoli), in cui hanno trovato esposte alcune tele con i tagli di Fontana e una riproduzione di una stanza da bagno, opera dell’artista Tom Wesselmann.
A mettere fine alla discussione tra i due ci pensa il professor Bellavista con un pareggio, anche se è l’osservazione finale di Salvatore a portare a casa gioco, partita, incontro.
In questo ambito, un’altra domanda senza risposta definitiva è: perché alcune persone desiderano fare arte? Le risposte di matrice psicologica non mancano, penso soprattutto al freudiano disagio della civiltà (e alla sessantottina interpretazione di quel saggio da parte di Marcuse), ma si tratta pur sempre di risposte più o meno discutibili e superate. Forse, per uscirne vivi, bisognerebbe rileggere Deleuze: il desiderio, afferma il filosofo francese citando Proust, è sempre una concatenazione; ad esempio, non si desidera un partner e basta, ma il paesaggio che quel partner mi evoca, un paesaggio che nemmeno conosco ma intuisco appena.
In fondo le mie opere sono erotiche, nascono sempre da un desiderio di unione della musica con la pittura
A mettere fine alla discussione tra i due ci pensa il professor Bellavista con un pareggio, anche se è l’osservazione finale di Salvatore a portare a casa gioco, partita, incontro.
In questo ambito, un’altra domanda senza risposta definitiva è: perché alcune persone desiderano fare arte? Le risposte di matrice psicologica non mancano, penso soprattutto al freudiano disagio della civiltà (e alla sessantottina interpretazione di quel saggio da parte di Marcuse), ma si tratta pur sempre di risposte più o meno discutibili e superate. Forse, per uscirne vivi, bisognerebbe rileggere Deleuze: il desiderio, afferma il filosofo francese citando Proust, è sempre una concatenazione; ad esempio, non si desidera un partner e basta, ma il paesaggio che quel partner mi evoca, un paesaggio che nemmeno conosco ma intuisco appena.
In fondo le mie opere sono erotiche, nascono sempre da un desiderio di unione della musica con la pittura
Manuela Montenero, durante il nostro incontro, ci ha detto di dipingere per un bisogno personale di comunicazione, con la volontà di arrivare a tutti; la pittura le dà modo di rappresentare sensazioni che non può esprimere a parole. “Quando dipingo è come se componessi una canzone… la musica, complice mio padre, è stata l’influenza più grande per me. In fondo, le mie opere sono erotiche perché nascono sempre da un desiderio di unione della musica con la pittura”.
Se si punta solo al like facile, l’arte rischia di diventare contraffatta
Manuela è giovane e ha - oggettivamente - un grande talento, eppure se ne frega del successo a tutti i costi; si guadagna da vivere lavorando in un bar, non usa molto i social network e il suo obiettivo non è diventare famosa, bensì una donna felice: “Se si punta solo a quel tipo di successo, al like facile, l’arte rischia di diventare contraffatta, perdendo di autenticità. Però sono consapevole che se voglio pagare le bollette facendo arte, oggi l'uso dei social è davvero molto importante. Ad esempio, quando pubblico un mio lavoro su Facebook, capita spesso che qualcuno il giorno dopo mi commissiona un ritratto, per se stesso o per regalarlo al proprio partner”.
L’avvento di un social network meritocratico, trasparente e funzionale al mondo del lavoro sarebbe cosa buona e giusta
Quando le chiedo se le commissioni arrivano anche offline, lei mi risponde che a volte riceve delle richieste durante le mostre, ma anche qui i problemi per gli artisti emergenti non mancano: “Tanti, troppi galleristi chiedono soldi agli artisti per essere presenti nelle mostre che organizzano… e questo non va bene, il loro lavoro sarebbe un altro”.
L'artista soggiogato alle regole del mercato è un paradosso, il critico al guinzaglio del gallerista idem. Se andare alla ricerca dell'autenticità significa sapersi smarcare dalle logiche del mainstream più becero e dal potere dei grandi uffici stampa, e rivolgersi di conseguenza ai lupi sciolti dell'underground, bisogna fare in modo che pure quest'ultimo spazio non venga dominato dal funzionamento di un algoritmo che premia l'engagement di una banalità, così da evitare che il riconoscimento del valore (non solo artistico) sia a discrezione di una folta schiera di utonti più che di utenti.
Sono consapevole che se voglio vivere di arte l'uso dei social oggi è davvero molto importante
L’avvento di un social network meritocratico, trasparente e funzionale al mondo del lavoro, dedicato non solo agli artisti e agli artigiani, ma anche agli hobbisti e a tutti quei professionisti che fanno il loro lavoro a regola d’arte, con passione, creatività o innovazione, sarebbe cosa buona e giusta.
In attesa di ciò, godetevi la video-intervista di Manuela e la sua pittura (sotto trovate anche dei link utili), tenendo a mente che non si dovrebbe amare un’arte perché si ha bisogno di quell'arte per diventare famosi, ma che si ha bisogno di quell'arte perché la si ama.
Fare Storytelling nel mondo del lavoro è ormai diventato indispensabile per aumentare - oltre alla visibilità - anche il coinvolgimento dei vecchi e nuovi clienti.
Il web, si sa, è diventato il luogo deputato ad ospitare la narrazione di brand e professionisti, perché offre l’opportunità di metterli in contatto con milioni di persone.
ApplaudArt, a differenza di altri social network orientati all’intrattenimento, nasce con lo scopo di far incontrare lavoratori autonomi e liberi professionisti con un pubblico realmente interessato alla loro offerta, cosicché le loro storie ed esperienze possano arrivare in modo diretto a quegli interlocutori attenti ad accogliere le loro proposte.
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